Estrazione acido borico - 1777

I primi metodi di estrazione dell’acido borico

Le risorse geotermiche dell’area maremmana furono ben presto osservate e sfruttate: Lucrezio  Caro e Strabone descrissero nelle proprie opere la meraviglia di questi fenomeni naturali, mentre testimonianze attestano come già in epoca etrusca l’acido borico dei lagoni venisse utilizzato per fabbricare la vernice dei vasi. Intorno alla metà del XVIII secolo si deve al medico naturalista Giovanni Targioni Tozzetti nell’opera sui suoi viaggi in Toscana una prima puntuale ricognizione dell’area in cui registrò la localizzazione dei lagoni o bulicami o fumacchie nel territorio di Monterotondo; in particolare il Lagone Cerchiajo fu da lui segnalato come il più esteso di tutti, anche se non grande e bello come quello di Monte Cerboli, mentre tutti gli altri lagoni gli parvero poco più che buche irregolari. Sebbene testimonianze e studi riferiscono di forme proto industriali di sfruttamento delle acque dei lagoni per la produzione di acido borico, alla fine del Settecento fu il chimico tedesco Umberto Francesco Hoefer, direttore delle spezierie alla corte del Granduca di Toscana, che riconobbe come le acque del Lagone Cerchiajo, oltre ad essere utili agli abitanti di Monterotondo M.mo per riscaldare i legni con cui realizzavano la cerchiatura delle botti, fossero anche ricche di acido borico. Tale scoperta dette un forte impulso a lavorazioni pionieristiche volte all’estrazione e alla messa in commercio di tale elemento; in precedenza infatti l’acido borico veniva estratto con un processo molto dispendioso, realizzato mediante l’evaporazione di acque immesse in caldaie di ferro e riscaldate con calore proveniente dalla combustione della legna. La scoperta dello Hoefer interessò anche l’anatomista Paolo Mascagni, professore all’Università di Siena, il quale non solo ebbe l’intuizione di individuare una fonte energetica alternativa (il calore geotermico in sostituzione della combustione a legna), bensì, dopo 20 anni di studio, concepì pure un più vasto e audace disegno che mirava ad incrementare la produzione complessiva della sostanza salina recuperando anche l’acido borico concreto, ossia quello che le esalazioni del sottosuolo depositano in superficie. Nel 1810 Mascagni brevettò il suo metodo di estrazione dell’acido borico e cercò di formare una società, ma fu presto costretto a vendere i diritti della sua invenzione a Gaetano Fossi che fu così il primo a tentare la produzione di acido borico dal Lagone Cerchiaio applicando il metodo teorizzato dal Mascagni. Il Fossi tuttavia anziché trarre profitto dal vapore dei soffioni, come più tardi avrebbe fatto il De Larderel, si ostinò a trarre giovamento dall’acqua caldissima dei lagoni, “col tenervi a bagnomaria le caldaie d’acqua saturate di acido borico, dopo averla fatta scorrere sopra i contigui terreni caldissimi”. La ditta fondata dal Fossi fu costretta così al fallimento nel 1815 e fu ceduta a Enrico Brouzet il quale fondò un’altra società insieme al livornese dott. Giuseppe Guerrazzi, chimico e socio dell’Accademia dei Georgofili di Firenze. La direzione affidata all’ingegner Antonio Ciaschi ebbe il merito di rilevare che la quantità di acido borico ricavabile dai lagoni naturali era troppo piccola per giustificare economicamente un’attività estrattiva. Fu da tale rilievo che nacque l’intuizione del “lagone artificiale”, premessa che condusse poi all’ideazione del cosiddetto “sistema dei lagoni multipli”, basato sul passaggio dell’acqua da un primo lagone artificiale, in cui i soffioni gorgogliano per 24 o 48 ore, in un secondo e poi in un terzo, prima di mandare l’acqua arricchita nelle vasche di chiarificazione e poi nelle caldaie di svaporamento. Grazie all’impegno del Ciaschi prima e del Guerrazzi poi la società riuscì ad estrarre acido borico dai Lagoni e “Monterotondo si trovò ad essere il primo paese al mondo produttore di Acido Borico... Da molte parti d’Italia giungevano richieste per la vendita e per l’affitto dei lagoni e Monterotondo godette di questo spazio di notorietà, per le frequenti visite di chimici ricercatori”. Nello stesso periodo vennero compiuti interessanti studi sulla possibilità di trasformare l’acido borico in borace e la buona riuscita dell’impresa portò ad aprire un piccolo commercio di questo prodotto. Tuttavia le prospettive di sviluppo dell’industria boracifera a Monterotondo M.mo dovettero subire un fatale ridimensionamento per la bassa quantità di acido borico disciolto nell’acqua dei lagoni in rapporto al volume d’acqua che era necessario far evaporare per ricavarne il prodotto. Il rendimento del metodo Mascagni si rivelò quindi di modesta entità e di convenienza marginale rispetto alla tradizionale evaporazione con il fuoco a legna. Ultima grande svolta fu senza dubbio quella impressa da Francesco Larderel che nel 1818 insieme ad altri commercianti francesi che gravitavano nell’area livornese unirono i propri capitali per fondare la società Vedova Chemin, Prat, Lamotte, Larderel. Grazie alla sua determinazione e al sostegno accordatogli dall’Amministrazione comunale di Volterra De Larderel riuscì ad aggiudicarsi la concessione di livello perpetuo dei lagoni, soppiantando la ditta Brouzet-Guerrazzi. Nell’arco di cinque anni (dal 1818 al 1823) De Larderel incrementò massicciamente la produzione di acido borico mediante l’acquisto di 36 lagoni nelle valli della Cornia e del Cecina e la costruzione di  nuove fabbriche, fra cui quella di Montecerboli e altre a Monterotondo, Castelnuovo, Sasso Pisano e Lustignano. La produzione totale di acido borico raggiunse con lui le 50 tonnellate all’anno, permettendo così l’esportazione del prodotto in tutta Europa e contribuendo in modo sostanziale al consolidarsi di una nascente industria boracifera in tutto il territorio, anche se fu solo a partire dal 1916 che a Monterotondo M.mo inizia la produzione industriale di energia elettrica da fonte geotermica grazie alle sperimentazioni del principe Pietro Ginori Conti.